NEWSLETTER N°53 SDEMANIALIZZAZIONE TACITA. Guida ai ripetuti interventi della Cassazione
[21-01-2014]
NEWSLETTER N°53 SDEMANIALIZZAZIONE TACITA. Guida ai ripetuti interventi della Cassazione
L’orientamento giurisprudenziale e la casistica di riferimento
Come è noto l’articolo 829 del codice civile [Passaggio di beni dal demanio al patrimonio] prevede che il passaggio dei beni dal demanio pubblico al patrimonio dello Stato deve essere dichiarato dall'autorità amministrativa competente.
Per quanto riguarda i beni delle province e dei comuni, il predetto articolo stabilisce che il provvedimento che dichiara il passaggio al patrimonio deve essere pubblicato nei modi stabiliti per i regolamenti comunali e provinciali.
Di regola la gestione di questo patrimonio e della relativa classificazione avviene mediante l’inventariazione e l’approvazione dell’inventario [e delle relative variazioni] in concomitanza dell’approvazione del bilancio dell’Ente.
Nulla vieta la predisposizione di una delibera specifica.
In merito alla sdemanializzazione del bene [tacita o meno] la giurisprudenza, negli ultimi anni è più volte intervenuta evidenziando e puntualizzando quanto segue:
La sdemanializzazione tacita di un bene demaniale, nonostante la mancanza di un formale atto di declassificazione, è ravvisabile solo in presenza di atti e fatti che evidenzino univocamente la volontà dell'Amministrazione di sottrarre il bene medesimo alla sua destinazione ad uso pubblico, rinunciando definitivamente al ripristino di tale funzione. Nella specie, del caso in esame un Comune aveva concesso un'area demaniale in godimento esclusivo ad un condominio, con autorizzazione a sistemarla a giardino.
La suprema corte, alla stregua del principio di cui sopra, ha ritenuto correttamente esclusa dai giudici del merito un'ipotesi di sdemanializzazione tacita, con la conseguente legittimità dell'applicazione da parte del Comune della tassa di occupazione di suolo pubblico. Quanto sopra in considerazione del fatto che la concessione rilasciata era precaria [temporanea] ed espressamente contemplava il potere di revocarla senza indennizzo.
Successivamente alla sentenza sopra richiamata, la Cassazione con propria decisione Sez. II, sent. n. 4811 del 22-04-1992 era intervenuta stabilendo che la sdemanializzazione di un bene, con la conseguenziale configurabilità di un possesso da parte del privato "ad usucapionem", può verificarsi tacitamente, in carenza di un formale atto di declassificazione, solo in presenza di comportamenti positivi della Pubblica Amministrazione, inequivocamente rivolti alla dismissione del bene stesso dalla sfera del demanio ed al suo passaggio al patrimonio disponibile.
In altre parole La sdemanializzazione di un bene può essere anche tacita, indipendentemente da un formale atto di sclassificazione, purché risulti da atti univoci e concludenti, incompatibili con la volontà dell'Amministrazione di conservarne la destinazione all'uso pubblico, e da circostanze tali da rendere non configurabile un'ipotesi diversa dalla definitiva rinuncia al ripristino della funzione pubblica del bene.
Secondo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, in questi casi, la relativa indagine è rimessa al giudice del merito, il cui accertamento è incensurabile in sede di legittimità, se immune da vizi logici e giuridici.
Storicamente, una delle maggiori contestazioni in merito a presunte sdemanializzazioni tacite ha riguardato e riguarda i tracciati stradali di Comuni Province e Regioni. In altre parole i cosiddetti “reliquati stradali”.
Su questa specifica tematica, la Corte di Cassazione è specificatamente intervenuta stabilendo che la sdemanializzazione di una strada può anche verificarsi senza l'adempimento delle formalità previste dalla legge in materia, ma occorre che essa risulti da atti univoci, concludenti e positivi della Pubblica Amministrazione, incompatibili con la volontà di conservare la destinazione del bene all'uso pubblico.
In questo senso né il disuso da tempo immemorabile o l'inerzia della Pubblica Amministrazione possono essere invocati come elementi indiziari dell'intenzione di far cessare la destinazione, anche potenziale, del bene demaniale all'uso pubblico, poiché a dare di ciò la prova è pur sempre necessario che tali elementi indiziari siano accompagnati da fatti concludenti e da circostanze così significative da rendere impossibile formulare altra ipotesi se non quella che la Pubblica Amministrazione abbia definitivamente rinunziato al ripristino della pubblica funzione del bene medesimo.
Rispetto alla possibile configurabilità di un possesso da parte del privato "ad usucapionem", La Cassazione ha stabilito che la medesima può verificarsi tacitamente, in carenza di un formale atto di declassificazione, solo in presenza di comportamenti positivi della Pubblica Amministrazione, inequivocabilmente rivolti alla dismissione del bene stesso alla sfera del demanio ed al suo passaggio al patrimonio disponibile.
Ciò nonostante, la medesima Corte ha però stabilito che affinché si realizzi il possesso "ad usucapionem", la semplice "omissione di contestazioni" da parte della Pubblica Amministrazione non può ritenersi, di per sé, atto univoco e concludente, incompatibile con la volontà di conservare la destinazione del bene dell'uso pubblico, risolvendosi, il fatto in una semplice inerzia degli organi competenti.
Rispetto alla gestione dei beni soggetti a sdemanializzazione tacita la Suprema Corte è intervenuta stabilendo che la medesima sdemanializzazione non trasforma automaticamente la concessione del bene medesimo in un rapporto d'affitto [rito locatizio].
In questo senso poiché la volontà degli enti pubblici non può essere desumibile da manifestazioni tacite affinché si arrivi alla trasformazione contrattuale sopra supposta occorre un atto di volontà della P.A. espresso nella forma prevista che è, come noto, solo quella scritta.
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