NEWSLETTER N° 4 L’analisi urbanistica
[17-01-2011]
NEWSLETTER N° 4 L’analisi urbanistica
Brevi approfondimenti sulle principali norme
I piani regolatori
La legge in data 17 agosto 1942 meglio conosciuta come “Legge urbanistica” pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 16 ottobre 1942, n. 244 all’articolo quattro stabilisce che la disciplina urbanistica si attua a mezzo dei piani regolatori territoriali, dei piani regolatori comunali e delle norme sull'attività costruttiva edilizia, sancite dalla medesima legge o prescritte a mezzo di regolamenti.
Secondo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con sentenza Sez. II, sent. n. 12298 del 14-12-199 le disposizioni dei piani regolatori comunali, generali o particolareggiati, approvati e pubblicati nelle forme previste, hanno valore di norme obiettive di legge con efficacia "erga omnes" in conformità del loro carattere di generalità e conoscibilità e, pertanto, si sottraggono, quando impongono vincoli o restrizioni ai diritti di proprietà dei privati, ai principi che regolano la trascrizione dei titoli di acquisto di diritti su immobili ai fini della loro opponibilità ad eventuali acquirenti di analoghi diritti sullo stesso immobile (artt. 2643, 2644 cod. civ.).
Allo scopo di orientare o coordinare l'attività urbanistica da svolgere in determinate parti del territorio nazionale, il Ministero dei lavori pubblici ha la facoltà di provvedere, su parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, alla compilazione di piani territoriali di coordinamento fissando il perimetro di ogni singolo piano.
Nella formazione dei detti piani devono stabilirsi le direttive da seguire nel territorio considerato, in rapporto principalmente:
a) alle zone da riservare a speciali destinazioni ed a quelle soggette a speciali vincoli o limitazioni di legge;
b) alle località da scegliere come sedi di nuovi nuclei edilizi od impianti di particolare natura ed importanza;
c) alla rete delle principali linee di comunicazioni stradali, ferroviarie, elettriche, navigabili esistenti e in programma
L'art. 1-bis della legge 8 agosto 1985 n. 431, nell'imporre alle Regioni di sottoporre a specifica normativa d'uso e di valorizzazione ambientale le aree di particolare interesse paesistico, consente a tal fine di far ricorso a due diversi strumenti pianificatori di cui il primo è appunto costituito dai "piani paesistici" ed il secondo, invece, secondo l'espressa dizione legislativa dai "piani urbanistico-territoriali" con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali che pur presentando natura diversa dai "piani paesistici" hanno natura di strumenti urbanistici e basano il loro nucleo iniziale di disciplina nei piani territoriali di coordinamento di cui all'art. 5 della legge 17 agosto 1942 n. 1150 suppongono, come questi, la permanenza di vincoli paesaggistici e non ne comportano in alcun modo il venir meno. [1]
L’articolo 20 del decreto Legislativo in data 18 Agosto 2000 n. 267 ”Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali” pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 28 settembre 2000, n. 227 stabilisce che :
La provincia, Ente intermedio tra Comune e Regione, ferme restando le competenze dei primi ed in attuazione della legislazione e dei programmi regionali, predispone ed adotta il piano territoriale di coordinamento che determina gli indirizzi generali di assetto del territorio e, in particolare, deve indicare:
a) le diverse destinazioni del territorio in relazione alla prevalente vocazione delle sue parti;
b) la localizzazione di massima delle maggiori infrastrutture e delle principali linee di comunicazione;
c) le linee di intervento per la sistemazione idrica, idrogeologica ed idraulico-forestale ed in genere per il consolidamento del suolo e la regimazione delle acque;
d) le aree nelle quali sia opportuno istituire parchi o riserve naturali.
Il piano territoriale di coordinamento viene trasmesso alla Regione ai fini di accertarne la conformità agli indirizzi regionali della programmazione socio-economica e territoriale.
Il medesimo articolo stabilisce altresì che la legge regionale deve dettare le procedure di approvazione, nonché norme che assicurino il concorso dei comuni alla formazione dei programmi pluriennali e dei piani territoriali di coordinamento.
Ai fini del coordinamento e dell'approvazione degli strumenti di pianificazione territoriale predisposti dai comuni, la provincia esercita le funzioni ad essa attribuite dalla Regione ed ha, in ogni caso, il compito di accertare la compatibilità di detti strumenti con le previsioni del piano territoriale di coordinamento.
Gli enti e le amministrazioni pubbliche, nell'esercizio delle rispettive competenze, devono quindi conformarsi ai piani territoriali di coordinamento delle province e devono tenerne conto nei loro programmi pluriennali
Il Piano Regolatore Generale
Secondo quanto stabilito dall’Articolo 7 della legge Urbanistica il piano regolatore generale deve considerare la totalità del territorio comunale. Il medesimo Piano deve indicare essenzialmente:
1) la rete delle principali vie di comunicazione stradali, ferroviarie e navigabili e dei relativi impianti;
2) la divisione in zone del territorio comunale con la precisazione delle zone destinate all'espansione dell'aggregato urbano e la determinazione dei vincoli e dei caratteri da osservare in ciascuna zona;
3) le aree destinate a formare spazi di uso pubblico o sottoposte a speciali servitù;
4) le aree da riservare ad edifici pubblici o di uso pubblico nonché ad opere ed impianti di interesse collettivo o sociale;
5) i vincoli da osservare nelle zone a carattere storico, ambientale, paesistico;
6) le norme per l'attuazione del piano.
Per quanto detto il Piano Regolatore Generale (PRG) in ragione delle specifiche zonizzazioni e delle particolari norme tecniche di attuazione determina il cosiddetto “effetto conformativo delle proprietà immobiliari”.
In pratica lo ius aedificandi connaturato nel diritto reale di proprietà deve e può essere esercitato sono il conformità di quanto previsto dal medesimo Piano Regolatore Generale.
Ogni edificazione o modifica dell’edificato dovrà quindi conformarsi alle specifiche restrizioni imposte dal piano regolatore sopra descritto.
Tale presupposto, come vedremo in altri capitoli del libro incide profondamente sul valore da attribuire alle singole aree edificabili o già edificate.
Programma di fabbricazione per i Comuni sprovvisti di piano regolatore
A norma dell’articolo 34 della legge urbanistica i comuni sprovvisti di piano regolatore devono includere nel proprio regolamento edilizio un programma di fabbricazione, con l'indicazione dei limiti di ciascuna zona, secondo le delimitazioni in atto o da adottarsi, nonché con la precisazione dei tipi edilizi propri di ciascuna zona. Secondo quanto stabilito dal medesimo articolo i comuni possono anche indicare eventuali direttrici di espansione
Secondo quanto previsto dalla Corte di Cassazione con sentenza Sez. III, sent. n. 2165 del 22-02-1993, in caso di incompatibilità tra testo e raffigurazione grafica, la volontà espressa nel testo del regolamento edilizio e del programma di fabbricazione prevale, quando sia affatto chiara, sulla loro rappresentazione planimetrica.
Il programma di fabbricazione, contemplato dalla legge 17 agosto 1942 n. 1150 quale strumento da includersi nel regolamento edilizio (quindi di carattere succedaneo e sostitutivo rispetto al piano regolatore generale), nel caso in cui contempli un contenuto assimilabile a quello del PRG non può coesistere con quest'ultimo.
Il medesimo programma di fabbricazione deve quindi essere disapplicato nella parte in cui, in tale materia, formuli disposizioni difformi dal Piano Regolatore Generale.[2]
I Piani Attuativi o di Esecuzione
Per dare concreta attuazione ai Piani Regolatori Generali gli enti interessati devono ricorrere all’adozione di un piano di attuazione.
I principali piani attuativi ordinari consistono nel Piano Particolareggiato e nel piano di Lottizzazione.
I principali Piani attuativi Speciali sono il Piano per L’Edilizia Economica e Popolare, il Piano per gli Insediamenti Produttivi e il Piano di recupero.
I Piani Particolareggiati
Il piano regolatore generale è attuato mediante la predisposizione di adeguati piani particolareggiati di esecuzione nei quali devono essere indicate le reti stradali e i principali dati altimetrici di ciascuna zona e debbono inoltre essere determinati le masse e le altezze delle costruzioni lungo le principali strade e piazze, gli spazi riservati ad opere od impianti di interesse pubblico, gli edifici destinati a demolizione o ricostruzione ovvero soggetti a restauro o a bonifica edilizia, le suddivisioni degli isolati in lotti fabbricabili secondo la tipologia indicata nel piano e la profondità delle zone laterali a opere pubbliche, la cui occupazione serva ad integrare le finalità delle opere stesse ed a soddisfare prevedibili esigenze future.
Ciascun piano particolareggiato di esecuzione deve essere corredato dalla relazione illustrativa e dal piano finanziario di riferimento
I piani particolareggiati di esecuzione sono compilati a cura del Comune e debbono essere adottati dal CONSIGLIO COMUNALE con apposita deliberazione.
Piani di lottizzazione
La legge urbanistica stabilisce espressamente che in assenza del PRG o del programma di fabbricazione non è possibile procedere alla lottizzazione dei terreni a scopo edilizio.
Nei Comuni forniti di programma di fabbricazione ed in quelli dotati di piano regolatore generale fino a quando non sia stato approvato il piano particolareggiato di esecuzione, la lottizzazione di terreno a scopo edilizio può essere autorizzata dal Comune previo nulla osta del provveditore regionale alle opere pubbliche, sentita la Sezione urbanistica regionale, nonché la competente Soprintendenza.
L'autorizzazione di cui sopra può essere rilasciata anche dai Comuni che hanno adottato il programma di fabbricazione o il piano regolatore generale, se entro dodici mesi dalla presentazione al Ministero dei lavori pubblici la competente autorità non ha adottato alcuna determinazione, sempre che si tratti di piani di lottizzazione conformi al piano regolatore generale ovvero al programma di fabbricazione adottato.
L'autorizzazione comunale è subordinata alla stipula di una convenzione, da trascriversi a cura del proprietario, che preveda:
1) la cessione gratuita entro termini prestabiliti delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria, precisate dall'articolo 4 della legge 29 settembre 1964, n. 847, nonché la cessione gratuita delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione secondaria nei limiti di cui al successivo punto 2;
2) l'assunzione, a carico del proprietario, degli oneri relativi alle opere di urbanizzazione primaria e di una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria relative alla lottizzazione o di quelle opere che siano necessarie per allacciare la zona ai pubblici servizi; la quota è determinata in proporzione all'entità e alle caratteristiche degli insediamenti delle lottizzazioni;
3) i termini non superiori ai dieci anni entro i quali deve essere ultimata la esecuzione delle opere di cui al precedente paragrafo;
4) congrue garanzie finanziarie per l'adempimento degli obblighi derivanti dalla convenzione.
La convenzione di cui sopra deve essere approvata con deliberazione del consiglio comunale nei modi e forme di legge.
Il rilascio delle licenze edilizie nell'ambito dei singoli lotti è subordinato all'impegno della contemporanea esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria relative ai lotti stessi.
Il termine per l'esecuzione di opere di urbanizzazione poste a carico del proprietario è di regola stabilito in dieci anni salvo che non sia stato previsto un termine diverso
Nei Comuni forniti di programma di fabbricazione e in quelli dotati di piano regolatore generale anche se non si è provveduto alla formazione del piano particolareggiato di esecuzione, il sindaco ha la facoltà di invitare i proprietari delle aree fabbricabili esistenti nelle singole zone a presentare entro congruo termine un progetto di lottizzazione delle aree stesse.
Il progetto di lottizzazione presentato dai privati può essere modificato dal Comune.
Secondo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con sentenza Sez. II, sent. n. 1521 del 29-03-1989, la lottizzazione, secondo la nozione desumibile dall'art. 8 della legge n. 765 del 1967 (cosiddetta legge-ponte) si concreta nell'utilizzazione del suolo che preveda la costruzione di una pluralità di edifici con scopi residenziali, turistici o industriali con la contemporanea predisposizione delle necessarie opere di urbanizzazione, secondo un programmato insediamento abitativo.
Tutto ciò premesso il semplice frazionamento del suolo a fini edificatori o la vendita di lotti di terreno implicano un'attività ben diversa da quella di lottizzazione che, di conseguenza, non può essere ricondotta nell'ambito di applicazione dell'art. 10 della citata legge n. 765 del 1967 che prevede tassativamente la nullità degli atti di compravendita di terreni abusivamente lottizzati a scopo residenziale.
Per quanto detto, anche ai fini estimativi del presente lavoro, la vendita di una porzione di terreno edificabile, facente parte di un fondo di maggiore estensione di proprietà del venditore, non implica di per sé la realizzazione da parte di quest'ultimo di una lottizzazione soggetta a preventiva autorizzazione.
Tale ipotesi ricorre soltanto quando il frazionamento di un terreno edificabile si accompagna alla predisposizione delle opere di urbanizzazione occorrenti per una pluralità di insediamenti.
Per quanto sopra detto le "convenzioni di lottizzazione", di cui alla legge 6 agosto 1967 n. 765, si configurano come contratti di natura peculiare, che si inseriscono strettamente nell'ambito di un procedimento amministrativo.
Tale procedimento si conclude con l'approvazione del piano di lottizzazione e con l'emanazione dei relativi permessi a costruire.
Il processo lascia integra, nonostante eventuali patti contrari, la potestà pubblicistica del Comune in materia di disciplina dell'assetto del territorio e di regolamentazione urbanistica.
Per effetto di tale potestà, il Comune medesimo, in relazione ad esigenze sopravvenute, ovvero all'adozione di nuovi criteri di valutazione ritenuti più rispondenti al perseguimento del pubblico interesse, ha la facoltà di liberarsi dal vincolo contrattuale, anche mediante la modifica di un precedente programma di fabbricazione o PRG, la quale può implicare, con riguardo ai terreni per cui era stata prevista la lottizzazione, pure un limite assoluto di edificabilità.
Qualora detta facoltà venga esercitata, le posizioni soggettive dell'altro contraente, aventi natura di diritti soggettivi fino a che persista il rapporto contrattuale, restano degradate a meri interessi legittimi. [4]
Si conferma quindi che le "convenzioni edilizie", stipulate nell'ambito dei piani di lottizzazione ad iniziativa privata, di cui all'art. 28 della legge 17 agosto 1942 n. 1150 (nel testo modificato dalla legge 6 agosto 1967 n. 765), pur avendo natura contrattuale, con effetti vincolanti anche nei confronti del Comune, non escludono né interferiscono sulla potestà pubblicistica di quest'ultimo in materia di disciplina dell'assetto del territorio e di regolamentazione urbanistica.
Secondo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione Sez. II, sent. n. 6382 del 26-11-1988 l'assunzione, a carico del proprietario, degli oneri relativi alle opere di urbanizzazione primaria e di una quota parte di quelle di urbanizzazione secondaria, cui, a norma del comma quinto, n. 2, dell'art. 8 della legge 6 agosto 1967 n. 765, è subordinata l'autorizzazione per la lottizzazione, costituisce, secondo il settimo comma dello stesso articolo 8, una obbligazione "propter rem", con la conseguenza che dette opere devono essere eseguite da coloro che sono proprietari al momento del rilascio della licenza (oggi permesso a costruire) edilizia, che possono essere persone diverse da quella che stipulò la convenzione per avere da questa acquistato i singoli lotti.
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Corte di Cassazione sentenza Sez. VI, sent. n. 29 del 14-01-1993 Massima pubblicata sulla Rivista Consiglio di Stato, edita da Italedi.
Corte di Cassazione Sez. II, sent. n. 37 del 07-01-1992
Corte di Cassazione Sez. U., sent. n. 4833 del 25-07-1980. In questa situazione la giurisdizione del giudice ordinario deve essere riconosciuta con riguardo alle pretese di quel contraente privato, le quali mirino a sottrarsi ad ulteriori adempimenti di obblighi contrattuali, ovvero si ricolleghino al pregresso adempimento degli obblighi stessi, anche sotto il profilo della ripetizione d'indebito o dell'arricchimento senza causa, mentre va negata con riguardo a pretese risarcitorie fondate sulla dedotta illegittimità dello scioglimento autoritativo del vincolo contrattuale, denunciabile davanti al giudice amministrativo.
A fronte del rifiuto della licenza o concessione edilizia da parte dell'autorità comunale (ora permesso a costruire), nonostante l'impegno assunto con detta convenzione, tanto nel caso in cui tale rifiuto derivi dall'esercizio del potere autoritativo di revoca dell'approvazione del piano, o di modifica dello strumento urbanistico primario, in relazione a nuove valutazioni od esigenze sopravvenute, quanto nel caso in cui derivi da scelte discrezionali in relazione ad interessi pubblici (di igiene, estetica, funzionalità ecc.), non coinvolti dai patti della convenzione stessa e dai criteri edificatori con essi stabiliti, la posizione soggettiva del privato ha natura e consistenza di mero interesse legittimo, tutelabile davanti al giudice amministrativo e non davanti al giudice ordinario.
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