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NEWSLETTER N°27 USUFRUTTO

[09-12-2011]

 

NEWSLETTER N°27   USUFRUTTO

 

Primo approfondimento in merito ad uno dei principali diritti reali

 

 

L’Usufrutto è il diritto reale di usare la cosa altrui e di trarne i frutti, rispettando la sola natura e la destinazione economica della cosa stessa.

 

In altre parole (in assenza del permesso del proprietario) una casa potrà essere usata affittata ma non modificata o trasformata in esercizio commerciale. Parimenti un esercizio commerciale non potrà essere trasformato in magazzino (rendita inferiore) e un terreno agricolo non potrà essere trasformato in parco urbano improduttivo.

 

Come si evince il proprietario (nudo proprietario) è privato del godimento della cosa.

Il diritto reale ad esso riconosciuto viene definito “Nuda proprietà”. Essendo l’usufrutto a carattere temporaneo il detentore della nuda proprietà ha sempre la certezza di riottenere la piena disponibilità del bene.

 

L'usufrutto costituisce un modo di temporanea attribuzione delle utilità, che è concepibile in relazione a qualsiasi bene giuridico.

 

Oggetto dell’usufrutto possono essere come immobili, mobili ma anche i cosiddetti diritti fruttiferi come ad esempio i brevetti di invenzione, le quote societarie o quote di patrimonio.

 

L'usufrutto costituito a favore di una persona fisica di regola viene accordato allo scopo di provvedere a necessità personali dell'usufruttuario.

 

Come già accennato, l'usufrutto è necessariamente temporaneo: solo così la nuda proprietà conserva un significato e un proprio valore economico.

I limiti che condizionano il diritto di usufrutto hanno lo scopo di conservare i diritti e gli interessi del proprietario.

Non di rado la distinzione tra usufrutto e nuda proprietà caratterizza molti lasciti testamentari. Quanto sopra al fine di meglio tutelare l’attuale conduttore dell’immobile, senza “spogliare” patrimonialmente i legittimi eredi.

 

Come appare ovvio l’usufrutto indebolisce economicamente il bene. L’impossibilità di agire liberamente penalizza o inibisce particolari percorsi di valorizzazione patrimoniale.

La possibile dissonanza tra usufruttuario e nudo proprietario impedisce in molti casi l’ottimizzazione dell’utilizzo e del probabile profitto correlato al bene. Rimandando necessariamente a percorsi futuri, dopo la riunificazione dei due diritti.

 

Se l’usufrutto è costituito a favore di una persona fisica, esso non può eccedere la vita dell'usufruttuario (art. 979 comma 1 ). Tale norma è chiaramente collegata con la funzione di sostentamento (tipica dei lasciti testamentari) richiamata poco sopra.

 

Se costituito a favore di una persona giuridica, l'usufrutto non può durare più di trent'anni (art. 979 comma 2).

 

Come sopra accennato a norma degli articoli. 979 e 980 del codice civile  la durata dell'usufrutto non può eccedere la vita dell'usufruttuario, il quale, peraltro, può cedere il suo diritto per un certo tempo o per tutta la sua durata.

 

La temporaneità del diritto, pertanto, esclude che esso possa formare oggetto di disposizione testamentaria o ricadere nell'ambito di una successione mortis causa.

 

Tuttavia, una volta che l'usufrutto sia stato ceduto per atto "inter vivos", esso, fino alla morte dell'originario e primo usufruttuario, si rende suscettibile di successione "mortis causa" ove l'originario cessionario deceda prima del cedente, e, se il cessionario in questione non ne abbia disposto per atto di ultima volontà, esso si trasmette per legge agli eredi dello stesso (ed è suscettibile di successive trasmissioni "mortis causa"), non essendosi estinto e continuando a far parte del patrimonio relitto fino alla sua estinzione per morte del primo usufruttuario. [1]

 

In termini patrimoniali l’usufrutto riferito a beni fruttiferi potrebbe indurre l’usufruttuario a “spremere” oltre modo il bene (soprattutto in ragione di termini temporali vicini). Questa soluzione oltre a pregiudicare la sopravvivenza del bene (ad esempio una piantagione) rende incerto il profitto per il proprietario del bene successivamente alla riunificazione dei diritti.

 Secondo quanto stabilito dal Codice Civile, l'usufrutto può venire costituito per testamento o per contratto.

 

L'usufruttuario può cedere temporaneamente l'esercizio del suo diritto, conferendo al cessionario tutti i poteri inerenti e caratterizzanti il suo diritto reale, ma non il solo godimento di tale diritto, mediante un contratto di locazione che, ai sensi dell'art. 1571del codice civile può avere a oggetto solo una cosa mobile o immobile. [2]

 

L'usufrutto può essere oggetto di esecuzione forzata da parte dei creditori dell'usufruttuario e può venire ipotecato (art. 2810).

Con il trasferimento dell’usufrutto (dall’usufruttuario a terza persona) si trasferiscono anche i doveri imposti.

 

All'usufruttuario spetta il possesso della cosa, al fine di poter esercitare su di essa il proprio diritto (art. 982 cod. civ.).

Egli potrà utilizzarla direttamente, oppure darla in locazione o in affitto ad altri. A lui spettano, per la durata del suo diritto, i frutti naturali e i frutti civili

 

L'usufruttuario deve mantenere ed usare il bene con diligenza e quindi provvedere alla manutenzione e conservazione della cosa.

 

L’articolo 1002 prevede la necessità di inventariazione delle cose ottenute in usufrutto.

 

Per quanto detto rimangono a carico dell'usufruttuario le spese e gli oneri relativi alla custodia e all'amministrazione del bene.

 

Diversamente da quanto previsto per il comodato rimangono in capo all’usufruttuario soltanto le spese di manutenzione ordinaria. Le manutenzioni starordinarie restano a carico del proprietario (art. 1004 e 1005 cod. civ.).

 

Se il proprietario provvede a riparazioni straordinarie, l'usufruttuario deve corrispondergli, per la durata dell'usufrutto, gli interessi sulle somme pagate (art. 1005 comma 3 cod. civ.): questi costituiscono il corrispettivo del vantaggio che l'usufruttuario ne trae.

Per il proprietario non esiste obbligo di intervento, l'usufruttuario può quindi intervenire direttamente (dopo comunicazione al proprietario) ottenendo il rimborso alla scadenza dell’usufrutto.

 

Il concetto di rinnovamento delle entità abbisognevoli di riparazione, cui si riferisce l'art. 1005 del codice civile [3] in tema di ripartizione delle spese relative alla cosa oggetto di usufrutto, è ben diverso dal concetto di innovazione cui si riferiscono, in tema di condominio negli edifici, gli articoli. 1120 e 1121 sempre del codice civile[4].

 

Il primo concetto va posto in relazione ad opere che comportano la sostituzione di entità preesistenti, ma ormai inefficienti con altre pienamente efficienti.

 

Il secondo riguarda, invece, opere che importano un mutamento della cosa nella forma e nella sostanza, con aggiunta di entità non preesistenti o trasformazione di alcuna di quelle preesistenti.[5]

 

 

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[1] Cassazione Sez. II, sent. n. 4376 del 27-03-2002

[2] Cassazione Sez. III, sent. n. 11687 del 27-10-1992

[3] Codice civile Art. 1005 Riparazioni straordinarie.   Le riparazioni straordinarie sono a carico del proprietario.
Riparazioni straordinarie sono quelle necessarie ad assicurare la stabilità dei muri maestri e delle volte, la sostituzione delle travi, il rinnovamento, per intero o per una parte notevole, dei tetti, solai, scale, argini, acquedotti, muri di sostegno o di cinta. L'usufruttuario deve corrispondere al proprietario, durante l'usufrutto, l'interesse (1284) delle somme spese per le riparazioni straordinarie

 [4] - Art. 1120 Innovazioni
I condomini, con la maggioranza indicata dal quinto comma dell'art. 1136, possono disporre tutte le innovazioni dirette al  miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni. Sono vietate le innovazioni che possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condominio.
Disposizioni correlative
Art. 1102 c.c. – Art. 1108 c.c. – Art.1136 V comma c.c.

- Art. 1121 Innovazioni gravose o voluttuarie
Qualora l'innovazione importi una spesa molto gravosa o abbia carattere voluttuario rispetto alle particolari condizioni e all'importanza dell'edificio, e consista in opere, impianti o manufatti suscettibili di utilizzazione separata, i condomini che non intendono trarne vantaggio sono esonerati da qualsiasi contributo nella spesa. Se l'utilizzazione separata non è possibile, l'innovazione non è consentita, salvo che la maggioranza dei condomini che l'ha deliberata o accettata intenda sopportarne integralmente la spesa. Nel caso previsto dal primo comma i condomini e i loro eredi o aventi causa possono tuttavia, in qualunque tempo, partecipare ai vantaggi dell'innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell'opera.

[5] Cassazione  Sez. III, sent. n. 12085 del 28-11-1998

 
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