La stima dei terreni edificabili ai fini IMU
[19-04-2021]
La stima dei terreni edificabili ai fini IMU
Ai fini ICI, per
"area fabbricabile" [art.
2, primo comma, lett. b], primo periodo, del D.Lgs. 504/1992, richiamato ai
fini IMU e TASI dall'art. 13, comma 2, del D.L. 201/2011] si intende:
“L’area utilizzabile a scopo edificatorio in
base agli strumenti urbanistici generali o attuativi ovvero in base alle
possibilità effettive di edificazione determinate secondo i criteri previsti
agli effetti dell'indennità di espropriazione per pubblica utilità”.
Un'ulteriore
disposizione di carattere generale che occorre tenere sempre presente per la
sua grande importanza, è poi quella prevista dall'art. 36, comma 2, del D.L.
223/2006 [legge 248/2006, c.d. manovra "Bersani Visco"], in forza
della quale, ai fini non soltanto dell'ICI - e attualmente dell'IMU e della
TASI -, ma anche delle imposte sui redditi [IRPEF e IRES], dell'IVA, delle
imposte di registro, ipotecaria e catastale: “un'area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo
edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal Comune
indipendentemente dall'approvazione della regione e dall'adozione di strumenti
attuativi del medesimo”.
Parimenti, la Corte Costituzionale
con ordinanza n. 41/2008, ha posto fine alla controversa questione con una
decisione favorevole ai Comuni, sentenziando che "La potenzialità edificatoria dell'area, anche se prevista da strumenti
urbanistici solo in itinere o ancora inattuati, costituisce notoriamente un
elemento oggettivo idoneo ad influenzare il valore del terreno e, pertanto,
rappresenta un indice di capacità contributiva adeguato, ai sensi dell'art. 53
Costituzione, in quanto espressivo di una specifica posizione di vantaggio
economicamente rilevante; e ciò indipendentemente dalla eventualità che, nei
contratti di compravendita, il compratore, in considerazione dei motivi
dell'acquisto, si cauteli condizionando il negozio alla concreta edificabilità
del suolo, trattandosi di una ipotetica circostanza di mero fatto, come tale
irrilevante nel giudizio di legittimità costituzionale”.
In ragione di quanto sopra un
appezzamento di terreno per essere considerato fabbricabile è necessario e
soprattutto sufficiente che sia considerato come tale dalla sola adozione
dello strumento di pianificazione urbanistica generale del comune.
Quanto sopra a prescindere dal successivo
perfezionamento di tutti gli strumenti attuativi necessari e/o dall'effettivo
rilascio del titolo edilizio.
Il valore di
un'area che viene considerata "edificabile" [ai fini fiscali], in
base all'ampia definizione offerta dall'art. 36, secondo comma, della
"Bersani Visco", deve però essere determinato - apportando allo stesso opportuni abbattimenti - avendo riguardo
anche ai tempi e alle incertezze che tale evento effettivamente si verifichi;
problematiche ed alee di incertezza stimabili affinché l'iter urbanistico
possa giungere a completamento e l'edificazione possa quindi avere
compiutamente inizio.
Il valore dell’area risente
infatti di moltissime alee di incertezza e possibile ritardo che –
inevitabilmente - comprimono il valore intrinsecamente ed estrinsecamente
attribuibile al singolo appezzamento [quanto sopra ragionevolmente proporzionato allo stato di
approvazione dell’iter progettuale e realizzativo].
Come è infatti
noto i tempi di approvazione di uno strumento attuativo sono spesso incerti e
di regola piuttosto lunghi [caso dottrinale non in esame ove esiste già lo
strumento attuativo].
Tale aspetto incide inevitabilmente anche sull’aspetto estimativo e
valutativo del bene che, definito edificabile dallo strumento regolatore
generale, ma sprovvisto di puntuale pianificazione,
deve affrontare un percorso di “trasformazione
e di traghettamento” in direzione
del prodotto finito [area edificata] ancora molto lungo.
Su questo
importantissimo punto la giurisprudenza della Cassazione si è assolutamente
consolidata [Cass., Sez. Unite, sent. n. 25506/2006 e molte altre successive].
Proprio per
l'evidente difficoltà pratica di valutare le aree edificabili [con le incertezze
e i rischi di accertamento e di avvio di un contenzioso che ne conseguono], il
legislatore, ancora in vigenza dell'ICI, ha intelligentemente previsto la
possibilità per i comuni di attribuire essi stessi alle aree fabbricabili, anno per anno e zona per zona del loro territorio,
un valore venale "parametrico" ritenuto adeguato ai fini
dell'imposizione comunale sugli immobili.
La norma [art.
52, lett. g], del D.Lgs. 446/1997] dispone infatti che “Con regolamento adottato a norma dell'art. 52, i comuni possono:
[...] determinare periodicamente e per zone omogenee i valori venali in comune
commercio delle aree fabbricabili, al fine della limitazione del potere di
accertamento del comune qualora l'imposta sia stata versata sulla base di un
valore non inferiore a quello predeterminato, secondo criteri improntati al
perseguimento dello scopo di ridurre al massimo l'insorgenza di contenzioso.
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